RIFLETTERE SUL TERRITORIO CHE CAMBIA
dieci anni di Convegno di architettura alpina contemporanea
“La realtà dell’architettura è ciò che è concreto, ciò che si è fatto forma, massa, spazio. Non vi sono idee se non le cose”
Peter Zumthor
Perché occuparsi di architettura contemporanea in area alpina?
Le trasformazioni fisiche in corso nei contesti alpini, necessarie perché continuino ad essere abitabili, avvengono sempre più spesso attraverso modalità che costringono a interrogarsi su quali siano le scelte più adeguate per progettare e interagire con territori ed ecosistemi particolarmente delicati.
Le modificazioni delle economie di montagna indotte dal turismo nel corso degli ultimi decenni hanno fatto riemergere in modo prepotente la questione della “vocazione” del territorio.
Dentro l’idea che il paesaggio sia l’esito di pratiche, è evidente che le motivazioni e le logiche di una trasformazione qualitativamente assai discutibile e quantitativamente rilevante, soprattutto in termini di consumo del territorio, debbano essere messe in discussione, cercando di capire le ragioni profonde di alcuni equilibri specifici che sembrano venuti a mancare.
La domanda iniziale ci interroga in realtà sulle ragioni e sui modi di queste trasformazioni, e implicitamente ci chiede di proporre strategie per opporsi all’ineluttabilità di alcune dinamiche di “valorizzazione” incompatibili con la vocazione dei territori e con il rispetto dei loro equilibri, in modo da superare stereotipi e semplificazioni, che, attraverso un’idea di habitat alpino omologata, hanno contribuito e tuttora contribuiscono alla distruzione di specificità e diversità. In altre parole dell’identità locale.
estratto da: Riflettere sul territorio che cambia. Dieci anni di Convegno di architettura alpina contemporanea (conversazione con Marco Tomasi a cura di Paolo Vitali), in "ARK", 4, dicembre 2010, pp. 62-63
Casa Alemanni a Roncobello, 1938 Archivio Pino Pizzigoni
Ponte di Songavazzo, 1910 Archivio Cristilli Clusone
Ponte di Songavazzo, 1910 © Carlo Meller